Napoli, sogno come necessità ne “La malafesta” al Piccolo Bellini

La recensione

di GIULIO BAFFI

“Bona notti… Puru s’è jornu… puru s’è matina… chi c’è un cielu nivuru comu la pici” è la battuta che chiude “La malafesta”, disperato, tenero, ironico, malato percorso di teatro che Rino Marino, drammaturgo, regista, costumista, scenografo ed anche protagonista insieme a Fabrizio Ferracane, presenta al Piccolo Bellini in uno spettacolo bello che mescola e confonde con abile sintassi l’universo surreale di due uomini e la loro concretezza avvilita e sognatrice.

Sogno come necessità, bugia come sopravvivenza, illusone come ossigeno che ubriaca nella miseria di una quotidianità composta ed organizzata in maniacali rituali che s’impennano con scelte poetiche che stemperano il  racconto visionario del dolore e della miseria. Chissà dunque se è notte o se sta per iniziare il giorno, sempre eguali nel ripetersi ostinato del tempo “nero come la pece” che circonda lo spazio e le menti di Malafesta e Taddarita. Amici certo, legati da eguale ansia malata di solitudine.

Rino Marino e Fabrizio Ferracane hanno le figure allampanate e gli abiti malmessi, e la lingua rotonda e sonora della Sicilia del trapanese. La sveglia che segna il tempo di uno dei due è ferma alle otto, su un’ora che potrà essere giusta per il sonno o per vivere il tempo ottuso delle necessità. L’altro gli si presenta, puntuale, per una visita che deve sembrare improvvisa, ed è invece appuntamento che si ripete come un rito maniacalmente preciso, un incontro demente che consentirà loro, come fossero bambini malcresciuti, di trasformare in gioco la vita non lieta. Moltiplicano così il loro tempo frantumandone l’unità, tanto per preparare una festa e prepararsi a viverla, per ristabilire i modi di un rito indispensabile. Ed è scambio di gesti e di abiti, è sospiro e sorriso che si spegne, ed è suono sognato e ascoltato, cibo consumato nell’illusione di un banchetto festoso, danza che rincorre lontani frammenti di felicità. Bel percorso questo creato da Rino Marino con filigrana leggera che ricorda il gran “maestro” Scaldati e si spinge pudica verso lievi incursioni nei territori beckettiani, per racconti di “robba di disgraziati” che si fanno santi fanciulli, privi di malizia, buffi clown di un limbo sospeso. Certo non sempre è lingua di familiare chiarezza, ma è sinfonia che afferra la gola e non lascia spazio alla fuga, ed il gesto preciso dei due attori è punteggiatura che consente il sospiro, il sorriso, la commozione, e, alla fine, l’applauso. Si replica ancora questa sera (ore 21,15) e domani (ore 18). (giulio baffi)

https://napoli.repubblica.it/cronaca/2019/02/23/news/napoli_sogno_come_necessita_ne_la_malafesta_al_piccolo_bellini-219925306/?fbclid=IwAR2aoDUK79fzQJZK2EF5MyX0KE1D18CZ66eWFEuP4dBwTde0vZXkoLXNj00

Napoli, sogno come necessità ne “La malafesta” al Piccolo Belliniultima modifica: 2019-02-27T17:32:43+01:00da filmalieno
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