Produzioni

FERROVECCHIO
di Rino Marino
con Fabrizio Ferracane e Rino Marino
regia Rino Marino
scene e costumi Rino Marino
disegno luci Luigi Biondi
stampa e comunicazione Vincenza Di Vita
produzione Ass. Cult. Sukakaifa

ferrovecchio.

Un vagabondo che trascorre sentieri interminabili, lontano da ogni alito di vita, senza tempo né meta, a cavallo di una carcassa di bicicletta, per scacciare i fantasmi del passato. Un barbiere ridotto alla rovina e stigmatizzato dal mondo degli uomini. In una Sicilia d’altri tempi, in una sala da barba dimenticata, dove il tempo sembra essersi cristallizzato e mai più scorso da “quel giorno” di tanti anni fa, due individui ai margini dell’umanità corrente si incontrano e scontrano in un contrasto stridente tra reciproco rifiuto e disperata urgenza di comunicazione.
La pièce, a dispetto di un’apparente connotazione iperrealistica, presenta inequivocabili rapporti di contiguità con un certo teatro dell’assurdo, giacché, affondando le radici nei territori della follia, finisce ineluttabilmente per approdare, attraverso lo sfaldamento della logica comune, a una dimensione ibrida e indefinita tra il tragico e il grottesco. Dirompe infatti, a tratti, a stemperare le tinte fosche della vicenda, quella ilarità che il nonsense riesce a suscitare, conciliando, come non di rado accade, il naturale viraggio dal drammatico al comico.

Una recitazione agile ed essenziale, che restituisca la parola nella sua crudezza, nella sua nudità, è alleggerita da carichi retorici, grazie a un’alternanza di ritmi serrati e dilatazioni temporali, fedele a una partitura linguistico-fonetica, tesa all’esaltazione della straordinaria musicalità del dialetto siciliano. L’idea di mettere in scena questo testo, ancora inedito, nasce dall’intento di far cimentare due attori, diversi per formazione ed esperienze, con le “diversità” di due personaggi, che trovano tuttavia profonde consonanze nel manifestare, ciascuno a suo modo, il proprio disagio, la propria pena di vivere.

Lo spettacolo è stato finalista al PREMIO TUTTOTEATRO.COM ALLE ARTI SCENICHE “DANTE CAPPELLETTI” 2010 – settima edizione con i seguenti riconoscimenti:
Menzione della giuria con la seguente motivazione:
Il progetto della compagnia SUKAKAIFA dimostra la grande vitalità del teatro in lingua, in particolare quello d’area siciliana, carica espressiva che si conferma anche nelle scelte scenografiche e luministiche. Ed esibisce inoltre, un oggetto chiave dell’esperienza artistica moderna, una bicicletta arrugginita, con tutto il suo fascino oggettuale e concettuale.
Premio della giuria popolare, presieduta da Giorgio Testa, con il coinvolgimento del suo Gruppo di ricerca Centro Teatro Educazione (CTE), con la seguente motivazione:
A conclusione di un animato scambio nel quale ognuno ha avuto l’agio di confrontare, idee di teatro, immaginario personale, emozioni di spettatore, la giuria popolare, per la profondità del tema, la limpidezza della struttura drammatica, il rigore della messa in scena, l’uso del dialetto insieme realistico ed evocativo assegna il premio a FERROVECCHIO della compagnia Sukakaifa.

 

LA MALAFESTA
di Rino Marino
con Fabrizio Ferracane e Rino Marino
regia di Rino Marino
musiche di Mimmo Accardo
scene e costumi di Rino Marino
luci di Marino/Ferracane
trucco Anna Barbaresi
assistente alla regia Gianluca Giambalvo
assistente scenografo Liborio Maggio
effetti sonori Antonio Bonanno
comunicazione e stampa Vincenza Di Vita
produzione Ass. Cult. Sukakaifa
 

bIn un’atmosfera grottesca e atemporale due menti alla deriva si incontrano e scontrano, fra storture ossessive e logiche malate, fra molestie d’insetti e antiche filastrocche, in un gioco candidamente perverso di ambivalenze e inversioni di ruoli, fino a inventarsi, per rompere l’immobilità stagnante di giorni miseri e uguali, una festa miserabile, un Natale scalcagnato, fuori stagione, un ballo fra uomini al suono allucinato di un valzer d’organetto che affiora dalle nebbie di un tempo perduto e trascina a precipizio in un carosello forsennato di visioni, di suoni, di odori dimenticati. E pare che gli spettri della memoria prendano corpo, a mano a mano, e i corpi in carne e ossa perdano sostanza, in un continuo bilico frastornante tra iperboli comiche e sprofondi drammatici.

ORAPRONOBIS
di Rino Marino
regia di Rino Marino
con Fabrizio Ferracane
assistente di scena Gianluca Giambalvo
assistente scenografo Liborio Maggio
effetti sonori Rudy Pusateri, Antonio Bonanno
voci off Annamaria la Barbera, Cristina Perrone, Ermelinda Palmeri
comunicazione e stampa Vincenza Di Vita
produzione Ass. Cult. Sukakaifa

Spettacolo finalista Premio Rete Critica 2014

532155_484902111559493_2060018643_nUn pover’uomo, un residuo d’umanità “malata”, in una dimensione onirico-allucinatoria, al cospetto di un alto prelato (incarnato dalla muta immobilità di un fantoccio), scioglie un lamento disperato, che si alza come una preghiera profana, in un siciliano arcaico, attraverso le poste di un rosario dolente e sarcastico, che si fa violenta invettiva, spietato atto d’accusa alla corruzione e al “sacrilegio” del potere ecclesiastico, fino a culminare nella tragica rievocazione di un’esistenza misera e marginale, in una struggente antitesi tra sogno e realtà.

SCABBIA
Un atto in dialetto siciliano
di Rino Marino
con Tano Bandiera, Gaspare Giurlando
regia Rino Marino
scene e costumi Rino Marino
assistente alla regia Viviana Di Bella
assistente scenografo Liborio Maggio
fotografo di scena Vincenzo Agate
produzione Ass. Cult. Sukakaifa

Foto di ScenaNiente è più grottesco del tragico
 Samuel Beckett

Ritengo che Scabbia rappresenti, tra i miei testi dialettali, specie per gli attori, il più ostico da mettere in scena, se non altro, per l’impegno mnemonico snervante che la struttura reiterativa e ossessiva richiede, quanto per una innegabile astrusità drammaturgica che lo accosta, a dispetto di un’apparente connotazione iperrealistica, ad un certo teatro dell’assurdo.
Con tale teatro, d’altronde, hanno quantomeno rapporti di contiguità tutte le mie pièces più recenti, la maggior parte delle quali in lingua. Né potrebbe essere altrimenti, giacché, affondando le radici nei territori della follia, approdano inevitabilmente, attraverso la disarticolazione del pensiero e lo sfaldamento della logica corrente, ad una dimensione ibrida e indefinita tra il tragico e il grottesco.
Due soli personaggi che interagiscono in uno spazio scenico angusto, due manovali, casualmente coinvolti a condividere la stanzaccia scalcinata di una pensione di quart’ordine. Il primo, in preda a prurito divorante, tormentato da incontenibili ossessioni e da angosce ipocondriache, finisce per trascinare l’altro in una simbiosi morbosa, con frequenti inversioni di ruolo, una sorta di folìe à deux, maturata in una dimensione asfittica ed opprimente, in una atmosfera stagnante, scandita dal suono sinistro di campane in lontananza, che segna l’ineluttabile trascorrere del tempo e prelude ad un’alba senza possibile riscatto.
Dirompe tuttavia, a tratti, a stemperare le tinte fosche della vicenda, quella ilarità che il nonsense finisce inevitabilmente per suscitare, conciliando, come non di rado accade, il naturale viraggio dal drammatico al comico.
Si è tentato di sperimentare, durante l’allestimento, un lavoro sugli attori che mirasse a un’adesione viscerale ai rispettivi ruoli, senza sottovalutare il rischio che il disagio dei personaggi travalicasse il limite della finzione scenica, per sconfinare nella vita reale degli interpreti.
Un rischio non indifferente, che tuttavia è valsa la pena di correre, nella convinzione che l’effetto catartico del teatro potesse infine prevalere su qualsiasi azione potenzialmente destabilizzante.

IL VIAGGIO DI MALOMBRA
Produzione Associazione Sukakaifa
con il Contributo della Film Commission Regione Siciliana
soggetto, sceneggiatura e regia Rino Marino
interpreti Liborio Maggio, Salvo Terruso, Nando Bagnasco.
con la partecipazione straordinaria di Luigi Maria Burruano
e con Antonino Contiliano, Khadra Benziadi, Gaspare Giurlando, Francesco Leone, Santo Marrone, Lidia Sammarco, Salvo Scianna, Gloria Di Liberto, Giuseppe Giardina, Vincenzo Gelsomino, Angelo Mazzotta, Daniele Costa, Lucia Di Pace, Giuseppe Borrello, Mario Mione, Francesco Catania, Vincenzo Cannata, Filippo Lumia, Jano Caracci, Giuseppe Elia, Giovanni Craparotta, Giuseppe Salvo, Francesco Scimemi, Vito Tumbarello.
scene e costumi Rino Marino
direttore della fotografia Vincenzo Agate
musiche Lelio Giannetto e Alessandro Librio
montaggio Benni Atria
aiuto regia Viviana Di Bella
montaggio audio Francesco Albertelli e Francesca Genevois
rumorista Tullio Arcangeli
color correction Vincenzo Marinese
riprese e postproduzione Creavideo

Il film è dedicato al critico cinematografico Gregorio Napoli.

Il cast è quasi integralmente composto da attori con disagio psichico, provenienti dalla Clinica Psichiatrica del Policlinico Universitario di Palermo e da numerose comunità terapeutiche assistite regionali.

Più di trenta le ambientazioni scelte, tra le campagne e le case rurali di Castelvetrano e Mazara del Vallo, il centro storico di Castelvetrano, la Torre di Bigini di Partanna, il vecchio Castello di Ribera,  Villa Napoli e Villa Niscemi a Palermo, i vicoli di Salemi, e il teatro scoperchiato, fra i ruderi della vecchia Poggioreale, abbandonata dopo il terremoto del Sessantotto.

il viaggio di malombra

Malombra, un povero diavolo, ossessionato da un incubo ricorrente, decide di intraprendere un lungo viaggio sconclusionato, su un carretto trainato da un asino, alla ricerca del cavaliere della luna, un misterioso personaggio che, dopo averlo salvato, da bambino, dalla malaria, con una sorta di rituale: l’orazione della malaombra (da cui il nomignolo del protagonista), era sparito per andare a vivere romito in un castello cadente, arroccato in un luogo sperduto nella campagna siciliana, in attesa di una compagnia di teatranti che andassero ad inscenargli una rappresentazione.
Un vecchio rigattiere, incartapecorito in un’atmosfera atemporale, nella bottega delle cose perdute, indirizza Malombra da Avugghia, un guitto che lo accompagnerà per quasi tutto il viaggio, in un itinerario visionario, attraverso i territori dell’alienazione, dove un’umanità strampalata ristagna in un’atmosfera ai limiti dell’onirico: uno straccione fatuo, sul sagrato d’una chiesa sbrecciata, un marchese isolato in una villa del Seicento, una famiglia di contadini, la cui casa è invasa da pulcini e traboccante di cipolle, la donna e l’omino con l’ombrello, che aspetta la neve in piena estate, un pastore che recita l’Iliade in greco antico, in mezzo alle mandrie, i tre musicanti del calvario, mummificati sotto un tabernacolo scalcinato, il riminavintura,  la donna del fuoco.
Dopo aver vagolato per due giorni e due notti, alla ricerca di teatranti, i due giungono in un paese disabitato, presso un teatro diroccato, dove un capocomico truffaldino, tenta di appioppargli una compagnia di artisti scalcagnati: l’uomo più forte del mondo, la donna barbuta, i gemelli siamesi ed altri ‘fenomeni’ da baraccone.
Ma il viaggio non avrà mai un epilogo, se non in sogno.

L’ALTRO ANFITRIONE
Traduzione e adattamento di Rino Marino
da Tito Maccio Plauto

Sosia            Paolo Graziosi
Mercurio       Rino Marino
Giove            Diego Sepe
Alcmena        Elisabetta Arosio
Anfitrione       Vincenzo Ferrera

scene Sergio Tramonti
costumi Elena Del Guerra
consulenza musicale Ajmone Mantero
luci Davood Kheradmand
montaggio audio ottonotemusic.com
fonico macchinista Gaspare Di Stefano
pittrice di scena Giovanna Cucchiara
regia Paolo Graziosi, Elisabetta Arosio
si ringrazia Paola Carola
produzione Associazione Culturale Sukakaifa

ANFITRIONE

Una variazione sul mito dell’Anfitrione che, pur restituendo, talvolta alla lettera, buona parte della struttura drammaturgica plautina e del testo originale – sfrondato di arcaismi e ridondanze e quasi integralmente reinventato, nel finale – amplificandone le consonanze che la accostano, per certi aspetti, a situazioni contemporanee che non esitano a sconfinare nelle dinamiche della commedia all’italiana, riporta a una dimensione di cruda modernità, in cui tradimenti, gelosie, sotterfugi,  compromessi, meschinità, vizi e passioni umane e divine delineano, in un gioco di doppi, equivoci e situazioni paradossali, un intreccio comico di straordinaria efficacia che culmina nell’immancabile lieto fine dell’epilogo.
Rino Marino

Quello di Plauto è, forse, l’archetipo che sta all’origine delle tante versioni che hanno intrigato i più grandi autori di teatro di tutti i tempi, a cominciare da Molière, passando per Kleist e Dryden, per finire con Giraudoux, il quale ne scrisse la trentottesima versione, tanto per capire quanti autori si siano confrontati con questo meraviglioso soggetto dei doppi. Arduo, quindi, per un uomo di teatro affrontarne oggi la messa in scena, senza cadere nel già visto. Noi, partendo dalla bella traduzione tra prosa e versi di Rino Marino, abbiamo preferito trattare il testo di Plauto come fosse un canovaccio della commedia dell’arte, con quell’immediatezza comica e sgangherata che fa del teatro d’attore un teatro per attori che vogliono, prima di tutto, divertirsi e divertire.
Paolo Graziosi, Elisabetta Arosio

Spettacolo dedicato a Ferruccio Centonze
DEL PROVVISORIO ANDARE
produzione  Associazione Sukakaifa
testi di Ferruccio Centonze
con Rino Marino, Alessandro Librio
musiche originali Alessandro Librio (violino e viola)
fotografo di scena Vincenzo Agate
regia Rino Marino

del provvisorio andare (2) Un viaggio nella memoria. Dai racconti degli anni terribili della guerra, ai bozzetti siciliani d’epoche morte. Un itinerario logodrammatico e musicale, attraverso l’opera di Ferruccio Centonze, autore  che, come pochi, ha saputo ‘fotografare’ la condizione umana, sondandone gli aspetti più impenetrabili e struggenti.

Produzioniultima modifica: 2019-01-31T17:51:30+01:00da filmalieno