Folli e visionari: in scena gli emarginati de “La malafesta”

Folli e visionari: in scena gli emarginati de “La malafesta”

Maria Teresa D’Agostino

La pièce drammatica di Fabrizio Ferracane e Rino Marino  

Uno scenario decadente e surreale, misero e scarno. Solo una porta in legno che cade a pezzi, una vecchia finestra, un letto disfatto. Una sveglia che segna sempre le otto. Immobile, a indicare un tempo sospeso. In un luogo che potrebbe essere ovunque e in qualunque momento due anime chiuse in una solitudine disperata si cercano senza riuscire a incontrare altri che i propri fantasmi e i propri dolori. Maschere inquietanti, dolenti e tragiche, trasfigurazione grottesca della vita, i protagonisti de La malafesta, interpretati da Fabrizio Ferracane e Rino Marino, dominano la scena vividi e potenti nella loro estrema debolezza. Giocano con le parole e le azioni, nel flusso incessante del bisogno di comunicare attraverso la ruvidezza poetica di un dialetto siciliano antico, stretto, fortemente evocativo. Si trascinano dietro vecchiaia e follia, ma ancora più si portano addosso una vita “ai margini”, invisibili agli altri e forse pure a sé stessi. E passano da un dialogo che tocca punti di esilarante comicità al dramma della “malafesta”, quando un improbabile Natale, tratto dalle nebbie dei ricordi, lontano dal generare l’effetto consolatorio ricercato e sperato, precipita i due in un vortice di immagini e visioni fino alla rarefazione del confine vita-morte. Li vengono a cercare i fantasmi dei tanti conosciuti in gioventù e con loro ballano un ultimo valzer al suono poetico e struggente dell’organetto. Ma forse sono anche loro anime trapassate. “Morti in terra”, dicono, strappandosi i capelli. Come se a un tratto la follia avesse lasciato spazio a una lucida e terrificante consapevolezza, quella di essere “invisibili”. Non importa se vivi o morti, comunque disperatamente e irrimediabilmente “invisibili”. Bravissimi Ferracane e Marino, anche autore e regista dello spettacolo, che tra ironia e disperazione incarnano le sfaccettature del dolore, trascinando lo spettatore in un caleidoscopio di emozioni forti e, alla fine, annichilenti. Un atto unico dal sapore pirandelliano, una sferzata emotiva che costringe a guardare in faccia le vite “ai margini”, per follia, miseria o vecchia, per questi o per altri motivi tutti insieme. La malafesta è uno squarcio sull’anima e sul mondo, uno schiaffo all’indifferenza. Le musiche sono di Mimmo Accardo, la scenografia di Liborio Maggio.

Lo spettacolo è andato in scena di recente al Teatro Città di Locri, nell’ambito della XXVIII Stagione teatrale della Locride, con la direzione artistica di Domenico Pantano, e al Teatro Bellini di Napoli.

Folli e visionari: in scena gli emarginati de “La malafesta”ultima modifica: 2019-02-23T20:11:59+01:00da filmalieno
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