Il viaggio di Malombra – recensione in Teatri delle diversità, Giugno 2013

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Un carretto viaggia lungo le trazzere polverose di un’assolata campagna siciliana. La vecchia mula che lo traina non ha nome, né lo hanno i due uomini a bordo: si conoscono solo di ‘nciuria’, quei nomignoli che in Sicilia sono sempre omen nomen. Uno è Malombra, che è scampato una volta alla morte grazie a un santone che gli ha recitato la favola della Morte, e forse il misterioso sciamano altri non è che il Cavaliere della Luna, che compare nelle sue visioni. L’ombra della Morte tuttavia non se n’è andata, e non se ne andrà fin quando Malombra non ringrazierà, e la sua preghiera sarà mettere in scena la favola, laggiù, ‘allu Canali di lu ‘Nfernu’. L’altro è Avugghia (ago): ‘u chiamanu accuss. picchi è siccu siccu’. Avugghia è un attore, che deve fare Barabba per il Venerdì Santo, ma si è arruolato, senza dire né ai né bai, nella compagnia di Malombra, e lo accompagna, sempre affamato, Candide e Pulcinella insieme, a cercare attori per la recita. Alla ricerca di un teatro impossibile, i due attraversano una Sicilia senza tempo, olivi contorti che fanno facce umane, il regno delle pietre e del silenzio, le facce degli uomini che sembrano scolpite nell’olivo, la pietra che si sgretola e decade, un deserto che sembra saper tutto. Ma si sa, l’Isola è un palcoscenico, e lungo il viaggio il teatro si incontra: anzi il teatro è il viaggio. E sfila sullo schermo una teoria di personaggi stralunati, e tutti quanti hanno a che fare con la Morte: il rigattiere delle cose perdute, il barbiere stecchito con i clienti davanti alla porta, il marchese che danza con la sposa defunta, l’impresario di ‘circolo equestre’ Sancisuca (un cameo di Burruano, l’unico attore professionista nel film), che gestisce i mostri. Infine, la bella al bagno, che finalmente rapisce Malombra, e aggiunge acqua e fuoco a quello che sembrava solo terra e aria, decretando la fine del viaggio.

Rino Marino ci regala un film lirico e grottesco, impreziosito da una sapiente tessitura musicale, in bilico tra l’onirico e l’iperrealista, come nella migliore tradizione del nuovo teatro siciliano (che ha le sue radici in scrittori come Bonaviri e D’Arrigo). Ma in più, porta una novità: che la ricostruzione poetica del testo-Sicilia non è affidata ad attori professionisti. Marino ha preferito lavorare con i suoi amici che hanno creato insieme a lui la Compagnia Sukakaifa, tutti utenti o ex utenti dei servizi di salute mentale, che ha conosciuto più di un decennio fa da psichiatra, e con i quali periodicamente si rivede, nei periodi in cui non è impegnato come attore nella compagnia di Carlo Cecchi. Questo porta una felice qualità di straniamento nel racconto: i ‘matti’ che interpretano altri ‘matti’, che sono simboli e sunti della più grande follia che alberga nell’Isola, tragica e grottesca, ineludibile e profetica.

Abbiamo incontrato Rino Marino a Palermo, in occasione della rappresentazione, presso il Teatro Garibaldi Aperto, del suo Ferrovecchio, un dialogo beckettiano in lingua siciliana, in cui il regista stesso è in scena insieme ad uno straordinario Fabrizio Ferracane, e abbiamo colto l’occasione per fargli qualche domanda.

Come è nata la Compagnia?

Nel 2001, a seguito della mia tesi di specializzazione in psichiatria, che era sul tema Teatro e Terapia, decisi di provare a realizzare uno spettacolo, ed ottenni l’appoggio del servizio di riabilitazione del Policlinico Universitario e in seguito, di alcune comunità terapeutiche. Mettemmo in scena La giara di Pirandello, nello spazio della Vignicella (ex OP di Palermo), e poi partecipammo alla ‘Biennale del teatro impegnato nel disagio psichico’ di Massa e inaspettatamente vincemmo il primo premio. A questo seguì La sagra del Signore della Nave (anche questo lavoro vinse l’edizione successiva della Biennale di Massa), con una compagnia molto più vasta, tra cui anche pazienti considerati molto gravi. Per me, fu l’occasione di lavorare insieme ai pazienti, e condividere un’esperienza emozionante con persone che avevo conosciuto solo dal punto di vista clinico. Fu un successo sia dal punto di vista terapeutico (rafforzamento dell’autostima, capacità di comunicazione, autonomia e senso di responsabilità), sia dal punto di vista umano. Si sono create relazioni significative, che si sono mantenute nel tempo.

Puoi dirci qualcosa del passaggio dal teatro al film?

Il film, che è ambientato nelle campagne di Castelvetrano, il mio paese materno, nasce dall’esigenza di raccontare una storia mia, per la quale non riuscivo a vedere altri attori che non fossero loro, e al contempo di fare un’esperienza insieme. Spesso li andavo a prendere a Palermo, si cenava insieme e poi dormivano da me a Castelvetrano, per prepararci alla giornata di riprese, che sotto il sole sono anche faticose. Anche se a volte sbagliano, non riescono a ripetere la stessa parte due volte allo stesso modo, la loro recitazione ha una magia che non puoi trovare negli attori professionisti.

Il viaggio di Malombra

Soggetto, sceneggiatura e regia di Rino Marino
Musiche originali di Lelio Giannetto e Alessandro Librio
Con Liborio Maggio e Salvo Terruso
E con la partecipazione straordinaria di Luigi Maria Burruano
Produzione Sukakaifa, con il contributo della Film commission Regione Siciliana

Abstract

Il viaggio di Malombra (the journey of Badshadow) is a film written and directed by Rino Marino, a Sicilian actor, director and psychiatrist. All the actors are users (or former users) of the Mental Health Services. Set in the ‘waste land’ of the sunny Sicilian countryside, it recounts a quest for an impossible theatre, in the middle of an Island that is a stage in itself. Lyrical and grotesque, hyper-realistic and prophetic, the journey shows a long series of loony characters, embodying the larger folly, which, as Pirandello declared, inhabits Sicily. The peculiar acting style, which is estranged in a quasi-Brechtian way, but at the same time passionately throbbing, adds the film a special flavour, which allows the director to recount his dreamlike journey into his own past.

in Teatri delle diversità, Giugno 2013, n. 63, pp. 42-43.

Scarica l’articolo originale qui:

Recensione di Il viaggio di Malombra di S. Petruzzella, 2013 (pdf)

Il viaggio di Malombra – recensione in Teatri delle diversità, Giugno 2013ultima modifica: 2013-08-05T04:19:00+02:00da filmalieno
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